Cristina Torrigiani-Malaspina

Lacrime e Sorrisi

MCMXXV

Babbo e mamma m'hanno detto Che laggiù, laggiù si muore, Che si muor per grande affetto D'un vessillo tricolore. E m'han detto che su quello Sta la croce di Savoia, E chi muore è mio fratello E la vita dà con gioia. Viva sempre la bandiera Ch'è segnacolo di fe', Degli eroi viva la schiera, Viva Italia e viva il Re!

Firenze, 1911

Non son due anni ancor, dolce fratello, Che avvinti in un dolor senza misura Componemmo per sempre nell'avello Alberto nostro. Or mi credea sicura D'una tregua al dolor…. render più bello Il viver tuo dolente era mia cura; E m'era guiderdon nel tuo castello, Che sol per Te risorse e s'infutura, Viver con Te della tua vita buona, Dell'arte tua, della tua fede in Dio, Dell'alto ingegno che t'ha fatto onore, Della pietà che sana e che perdona!… Ma Tu ne lasci, dolce Alfonso, ed io Ho per la morte tua spezzato il cuore.

La tua Cristina

1 maggio 1910 1 maggio 1911

Oggi fa un anno, io ben me lo rammento, Quel che a te s'apprestava, Nino mio; Noi per terror si respirava a stento, Ma tu, sereno, t'affidavi in Dio. Lo scenziato, con nobile ardimento, Le fauci ti squarciò, sublime e pio; Esultò la tua sposa a tal portento Mentre in tenero amplesso a me s'unio. Ma la forza del braccio e dell'idea Te non valse a strappare, Alfonso buono, Ai negri artigli della trista Dea! E a te, mio Nino, che al fraterno amore Solo mi resti, al collo m'abbandono Piangendo amaramente sul tuo cuore.

La tua Cristina

Se per sollievo ad ora ad or m'è dato Dai miei libri levar gli occhi e la mente, È conforto del cuore innamorato Te contemplar, bellissimo innocente, Alla dolce, paterna ombra fidato Sul Suo cor riposar soavemente, E parmi l'infantil tuo labbro amato, Sciolto quasi da amor precocemente, In questi detti escir che al genitore Suonano e a me come di cielo incanto: « Io frutto son di quadrilustre amore, Qual di cigno gentil ultimo canto A voi mandato il giorno del dolore A mitigar lo sconsolato pianto».

Bagni di Casciana, 16 giugno 1911

Vedi, Migliore, la tua mamma è in festa Come il dì che Alessandro andò all'altare; Oh! quante volte nei miei sogni, questa Gioconda alba d'amor vidi spuntare! Oh! quante volte nel sognar m' apparve Un diletto al mio cor, baldo guerriero, Con gentil donna al fianco, ma eran larve Che il mattino sperdea dal mio pensiero. Oggi larve non più, ma una festosa Raggiante sicurtà m'inonda il cuore; La donna amata oggi sarà tua sposa Degli uomini al cospetto e del Signore. E il vel che la circonda, immacolato, Nel suo vago ondeggiar su Te fluente, Dell'armi tue, lancer bianco-listato, Mitiga il lampeggiar soavemente. E così nella vita il suo sorriso Ti molcerà gli affanni lene lene, E specchiate vedrai nel caro viso Dell'intimo tuo cor dolcezze e pene. Per Te, Migliore, sol per Te è sbocciato Questo fior di virtù, di leggiadria; Con lei ti benedico e alfin m'è dato Stringerla al cor dicendo: “figlia mia”.

Firenze, 18 novembre 1911

Aprile 1912

Da un messaggio, con avida pupilla, Pendono l'uno e l'altro tuo parente; Giunse a lor per elettrica scintilla E a Te li chiama con preghiera ardente. Dimmi, Fulco, che vuoi? Qual mai t'affanna giovenil desio? Ti giunge il grido dei fratelli eroi Che muoiono laggiù pel suol natio, Oppure un dubbio, uno sconforto, un nulla, Ti fa pensare al dolce padre, e a Quella Che un dì vegliando a studio della culla Ti quietava con tenera favella? Ma no! Sul tuo sembiante Appare un gaudio che non è terreno, Del primo amor le arcane gioie e sante Brami versare nel paterno seno. La fanciulla da Te fra mille eletta, Leggiadra e pura qual viola ascosa, Dai tuoi cari deve esser benedetta Pria di chiamarla tua promessa sposa. Ma già l'ara risplende Di fiori e di doppieri; e una gentile Bianca forma vèr Te lieve discende Degli angeli sull'ali e a lor simìle. Fulco, il tempo per Te vorrei fermare Or che la gioia tua sembra infinita; Ma amor mi dice: deh! non l'arrestare, Nuovi gaudi gli serba ancor la vita.
Povero Zar, rapito al nostro affetto Allor che più ti sorridea la vita! Bianco eri e bello e di marziale aspetto, Mite e prode; l'onor della Bandita. Povero Zar! ti fu ben dura sorte Il nome che sonava imperatore; Ti fu apprestata, come a lui, la morte, La morte che suggesti sotto un fiore. Povero Zar! fedele come sposa Al tuo signor che di te piange ancora; La terra ti sia lieve, ormai riposa, Ti sia compenso che ciascun t'onora. Sul tavolino della stanza mia Dove curo la chioma ogni mattina Perchè più liscia e decorosa sia, Mi sorride un amor di bambolina Vestita con graziosa maestria. La cuffia, sulla bionda sua testina, Un'arietta le dà di bizzarria Temperata dall'ampia crinolina. Gonna, corsetto e fiocchi hanno il colore Tenerello di malva appena nata, Oh! quanto a quel donnino ho posto amore, Perchè mi vien da Te, dolce cognata, Di cui non so se più lodare il cuore O le mani geniali della Fata.

11 marzo 1912

Ardeva Luglio in tutto il suo splendore E noi presso al tuo letto si piangea; Chi potria dir l'angoscia di quell'ore Che il morbo Te, e noi il dolor struggea? Ma a Te, già santo, non tremava il cuore All'appressarsi della trista Dea; Piegasti il capo come stanco fiore, Morte, sul volto tuo, bella parea. Ahimè! quanto dolor, quanto desio N'ha lasciato nel cor la tua partita! Tu, l'ultimo fratel del sangue mio, Tu della dolce sposa amore e vita! Sì, a noi lo strazio, il lungo pianto, o Dio, Ma dona a Lui la pace tua infinita.

La tua Cristina

Gentil rampollo della nostra gente, O Carlo mio, che nel più vago Aprile Della tua bionda giovinezza ardente Giungi ad arte genial, senno virile, Salve ti dice il cor benedicente Oggi che adduci all'ara una gentile Degna di Te, precoce adolescente, Fanciulla d'alto cor, grazia infantile. Beati Voi che nella santa unione Delle vostre esistenze appena in fiore Avete la dolcissima visione D'un intero avvenire incantatore; Prostratevi, esultate alla sanzione Dell'ultimo, del primo vostro amore!

La zia Cristina

Bagni di Casciana, 13 settembre 1912

Oh! il pietoso ricordo Che alla triste lontana oggi hai mandato! Oh! la soave immagine Dell'umile ed altissimo prelato! Di me, Tu buona, memore, Di me che sai come son usa al pianto, Tenti asciugar le lacrime Col tenero evocar di questo Santo. Qui fra le care immagini Dei miei perduti, sacrosanti affetti, Ei mi sorride e mormora: Non invidiare il Cielo ai tuoi diletti. Dal profondo dell'anima Del dono tuo, gentil, grazie ti rendo; Dalla celeste effigie Nuovi conforti e nuovi esempi prendo.

Bagni di Casciana, 17 settembre 1912

Unanime, angoscioso, o pio vegliardo, Non odi al tuo partir levarsi il pianto? Tu, fedele di Cristo allo stendardo, Tu, della tua famigla amore e vanto. Sollecito al meschin volgesti il guardo, Pietà ti vinse d'ogni cuore affranto, Giammai nel ben oprar timido o tardo, Tu, nella vita e nella morte santo. Di tua virtù ammirato, il sommo Pio Pianse al grido straziante di dolore De' tuoi miseri figli, e al sacro altare Per te compiè il mister dell'Uomo-Dio E ti vide, Lui santo, dal Signore Desiderato in Cielo ad osannare.

30 settembre 1912

Te Deum laudamus” nella pia chiesetta D'un colle aprico, tutta lumi e fiori, Il buon Pievano con lo schiera eletta Oggi intuona, dei villici cantori. Te Deum laudamus” eccolo, s'affretta L'atteso eroe dei nostri tre colori; È raggiante d'amore, e alla diletta Col suo nobile cor reca gli allori. Sposi italiani, che pel suol natio Tra voi soffriste aver l'immenso mare, Si sperda il lungo pianto nell'oblio, L'ansie, le notti senza fine amare! Coppia gentil, vi benedica Iddio, Oggi vi è dato amarvi ed esultare.

Novembre 1912

Da gran tempo l'Evelina Vagheggiava una collana; Finalmente la mammina S'accordò con la Befana. Della bimba una calzetta Mise ai piedi del camino, La Befana, benedetta, Arrivò pianin, pianino E calò nel calzerotto, Alternate col carbone E con qualche fascinotto Chicche e frutta di stagione. E nascose in fondo in fondo, In graziosa scatolina, Di coralli un filo a tondo, Proprio il sogno d'Evelina! La mattina della festa Che si chiama Epifania, La fanciulla, appena desta, Per veder che mai ci sia, Corre al vecchio caminetto Donde è scesa la Befana, Ed in men che non l'ho detto, Fruga e trova la collana. Se la guarda, la rigira, La carezza e fin l'abbraccia, Se la prova e si rimira Dello specchio bene in faccia. Corre poi tutta raggiante La sua mamma ad abbracciare, Ma nel cuore è titubante Delle due chi ringraziare: La Befana o la Mammina?… Chè, a voler esser sinceri, È credona l'Evelina Come fosse nata ieri. Alla mamma alfin di cuore Porge grazie d'ogni cosa E promette con ardore, Divenir buona e studiosa. E bisogna confessare Che tenuta ha la promessa, Perchè a forza di studiare Quasi quasi è dottoressa. È altresì buona e gentile, Ha il visino ognor giocondo E le è caro il suo monile Sopra ogni altra cosa al mondo. Sol le feste se ne adorna Con gran cura e precauzione E la sera, quando torna, Lo ravvolge nel cotone. E la povera Evelina Si stimava assai contenta; Quando sente una mattina Che la mamma si lamenta; Salta tosto il picciol letto A quel grido di dolore Mentre al servo tosto ha detto Di chiamare il buon Dottore. Questi accorre con gran fretta, Ma piangendo il capo scuote, Chè salvar la poveretta La sua scienza, ahimè, non puote La bambina, da un pertugio Della porta, tutto ha udito; Senza porre alcuno indugio Al pensier sublime, ardito, Corre in camera a cercare La collana tanto amata, E la porta sull'altare Della Vergine Annunziata. Singhiozzando sol può dire: «Santa Madre del Signore, La mia mamma è per morire, Non mi dar sì gran dolore!» «Io ti dono la collana Di coralli, tanto bella, Tu la mamma mi risana, Non mi rendere orfanella». Alla Vergine divina Fu l'offerta assai gradita, Della povera piccina…. E la mamma fu guarita.

Firenze, 15 gennaio 1913

ROBERTO Ti ricordi, fratellino, Del tuo pianto disperato Allorchè da piccinino All'asilo eri guidato? Mamma nostra, poverina, Mentre il pianto mal celava, Ti prendea per la manina E da sè t'accompagnava. GUIDO Cara Mamma! e nel cestino Mi poneva, io ben rammento, Qualche ghiotto bocconcino Perchè fossi più contento, E pagato a caro prezzo Col sudor del caro viso Era certo quel lecchezzo Per comprare un mio sorriso! ROBERTO Or la Mamma è dal Signore, Ma ci vede, e si consola Che ogni dì con lieto cuore Meco, o Guido, vieni a scuola, All'Asilo benedetto, Dove al povero bambino S'apre il ben dell'intelletto Con amor quasi divino. GUIDO Sì, Roberto, me le dice Anche il Babbo queste cose; Oh! la cara Direttrice, Le maestre a noi pietose! Che c'insegnan del pregare La grandissima dolcezza, Che ci apprendono a contare Con meccanica prontezza, ROBERTO Che ci addestran le manine Con grande utile e diletto A compor mille cosine Rare assai, di gusto eletto! E ci fanno anche cantare Come garruli uccellini, E ci spronano a marciare Come tanti soldatini!… Ma allo scoppio del cannone Che ci annunzia il mezzogiorno Per la buona refezione Siamo al banco di ritorno. GUIDO E compita la preghiera Per i pii benefattori Ecco, arriva la zuppiera Che fumando reca odori; E se il brodo ben bollente Scalda a noi lo stomachino Il pensier riconoscente Ci riscalda il cuoricino. ROBERTO Dopo il lauto desinare N'è concessa ricreazione, Si può correre e giocare Per riprender poi lezione. Ma più tardi, dopo scuola, Ecco il Babbo, poveretto, Che a condurci si consola Nel meschin vedovo tetto. Ei ci abbraccia e benedice Presso i piccoli giacigli Mentre guarda il Cielo e dice: Ricordatevi, miei figli, Di portare eterno amore A quell'anime gentili Che intelletto, borsa e cuore Versan tutto negli asili.

Firenze, 27 febbraio 1913

Perchè l'alto ministro del Signore Stende su voi le consacrate mani Mentre un fremito passa a tutti in cuore, O piccoli cristiani? Oggi perchè vi cingon le testine, Sangue del sangue mio, diletti bimbi, Candide e d'or crociate fascioline Quasi celesti nimbi? Su voi scende lo spirito d'amore, D'intelletto, di scienza, di fortezza, D'infinita pietà, giunta a un timore Ch'Ei converte in dolcezza. E sul visino vostro tanto amato Una lieve percossa ammonitrice Depone la pia mano del prelato Che vi unge e benedice. Deh! vi confermi il Crisma di salute Nella fe' ricevuta al sacro fonte, E se occorra, per lei vi dia virtute Dolor soffrire ed onte. Ma non è questo il voto del mio amore Per voi, del cor dell'avola primizia; Sta scritto nel Vangelo: il tuo Signore Ama e servi in letizia.

20 dicembre 1913

Giovanni non è più…. qual voce è questa Che risuona nel vedovo giardino? Ei non è più…. la veneranda testa Posa stanca sul funebre cuscino. Piangete, o voi, dalla superba cresta Alberi annosi, e pianga il fiorellino Del prato, e voi dalla smagliante vesta Piangete tutti, fior del suo giardino. Dite all'orfana figlia e alla consorte Immersa nel supremo dei dolori, Dite alla mesta Torrigiana gente Ch'ei fu giusto e fedel sino alla morte, Che nella cura e nell'amor dei fiori Più che buono egli fu, restò innocente.

9 febbraio 1914

Tu pur n'hai dato l'ultimo commiato, Tu per lunga stagion devoto amico Della nostra famiglia, venerato Integro veglio dello stampo antico. La tua santa memoria io benedico, Di te che bene oprando sei passato, Mentre faccio come un che piange e dico: Riposa in pace, non sarai scordato! Parmi ancor di vederti al tavolino Indefesso al lavor, sui libri chino Non disdegnando alzar l'onesto viso Per sorrider dei bimbi ai motti, al riso; Chè non potè dei numeri il rigore Inaridirti, o buon vegliardo, il cuore.
All'emporio dei giocattoli, Nella strada principale, Corron legni ed automobili La vigilia di Natale. Anche Rita ed Albertino, Che son stati bravi e buoni, Son guidati al magazzino Dalla mamma a sceglier doni. Albertino adocchia un orso Che sa fare il giocoliere E un cavallo che ha sul dorso Un compito cavaliere. Vede subito la Rita Un amor di bambolina, Riccioluta e ben vestita E la vuol per sua bambina. Sceglie pure un armadietto Con cappelli vesti e trine Per la bambola, ed un letto Ben adorno di cortine. Tutto approva ed alla cassa Va la mamma per pagare; Fuori intanto un bimbo passa Che si ferma ad ammirare; Guarda estatico i balocchi Come frutto a lui proibito Ha le lacrime negli occhi, È sparuto e mal vestito. Albertino, sveglio e astuto, Ma di cuor pietoso e buono, Va alla porta, e non veduto Gli fa cenno, e gli da in dono Il cavallo e il cavaliere; Poi ritorna ratto ratto Chè nessun possa vedere Nè saper quel ch'abbia fatto. Ma per via la genitrice Ad accorgersi non tarda Che un balocco manca, e dice: «Albertino, guarda, guarda” «Se il cavallo abbiam perduto!». Il fanciullo, rosso in viso, Gli occhi abbassa e resta muto Alternando pianto e riso. Ma la mamma ha indovinato Il dolcissimo mistero E sa già dove sia andato Il cavallo e il cavaliero. Pur non fa motto indiscreto Che riveli il suo stupore, Rispettar vuole il segreto Di quell'opera di amore.

Firenze, 14 febbraio 1914

Tornan le rondinelle a schiera a schiera, Tornano i fiorellini a primavera; Ritorna il sole a ricondurci il giorno Anche il babbo e la mamma fan ritorno. Son ritornati i cari genitori Come le rondinelle, il sole, i fiori; Così forte le bimbe li han chiamati Che in Affrica han sentito e son tornati! I benvenuti siate dall'Asmara, Evviva il babbo e la mammina cara! Or che siete tornati di laggiù Per carità, non ci lasciate più!

Firenze, 5 marzo 1914

Alla mia Dadina

In un mattino del fiorito Maggio Il dolce padre, ahimè! ti fu rapito: Come robusto faggio Dal folgore colpito, Cadde al suolo tra i fiori e la verzura Mentre solingo per campestre via Non pensando a sventura Serenamente uscia. Forse di te, del fratel tuo pensando, Dell'ancor giovinetta tua sorella, Forse voi tre chiamando, Spirò l'anima bella. Ei della morte non provò l'orrore, Perchè fu intemerata la sua vita, E come il giusto muore Il suo morir ne addita. Non piangete per lui ch'è fatto santo; Nella luce infinita ove s'india, Dei figli amati il pianto Turbarlo ancor potria…. Non invidiate a lui la pace eterna, Ma degli esempi suoi fate tesoro; Sia l'immagin paterna Vostro faro e decoro.

S. Martino, 4 agosto 1914

Don Filippo, perdona A un devoto sgraziato, Se con la sua persona Della lampada l'olio ha rovesciato. Nel perdono ho fidanza, Perchè la punizione Seguita ha la mancanza In forma, ahimè!, di generosa unzione! Or dunque giacchè il danno È stato in due diviso, Perdonami il malanno E n'avrai ricompensa in Paradiso.

S. Martino, 9 agosto 1914

Salve, o tu grande, che non vidi mai Nell'orizzonte mio quasi claustrale, Ma ti seguii con ansia e t'ammirai Bene facendo in mezzo a tanto male. Quante s'addensan nubi minacciose Nel cielo, pria che scoppi l'uragano A disertar le pie terre ubertose Dalla montagna alla collina e al piano, Tanti sul capo tuo piombaron strali D'infinita nequizia e di sventura, Dal dì che aprendo le benefiche ali, Prendesti Italia mia sotto tua cura. Nulla amarezza a te fu risparmiata, E come a Quei che c'insegnò il perdono, La corona di spine fu intrecciata Sul tuo capo al potere, o grande, o buono. Tu vedesti sfilar bieche figure Invocando guadagni immeritati, Di tabacco venir con mani impure Uomini e donne di livore armati. Uomini e donne e tristi adolescenti Sfilar vedesti in una ridda immane Manomettendo il dritto delle genti, Nome acquistando a sè di belve umane. E dei nostri soldati il petto santo Fatto bersaglio a sassi e fucilate…. Se confessi per loro d'aver pianto A soffrir non ne avrà tua dignitate. Non appena rifatto il ciel più bello, Ecco, sul capo tuo erger fu vista A minaccia di sciopero novello Di Damoclés la spada a sangue mista. La tua mercè lo sciopero fu vano E i treni seguitar l'usata via, Ma di barbari re l'orgoglio insano I popoli travolse in lor follia. E tu che sei per altezza d'ingegno E per virtù, romano dittatore, L'invito di Bellona avendo a sdegno Al delubro di Giano hai volto il cuore. Ma vigile e prudente, pel decoro Della patria adorata, non risparmi Notti insonni, digiuni, rivi d'oro Per tener gl'Italiani all'erta e in armi. Ed a colmare il nappo d'amarezza Ecco la morte del gran Prete a Roma; La debole ed inferma sua vecchiezza Fu dal dolor, più che dal morbo, doma. E tu, pietoso, con la pia consorte Chinasti l'alta fronte a tanta salma, Egli, fatto più grande dalla morte, Darà la pace a Italia, a te la palma.

S. Martino alla Palma, 28 agosto 1914

Dolce mia guida dell'età primiera, De' falli miei pietosa ammonitrice, Eccoti giunta, senza macchia, a sera Dell'opera tua santa, educatrice. Tu piccola coi piccoli, ma intera Nell'arduo governar di Direttrice, Guarda dei cuori l'infinita schiera Che amando ti rimpiange e benedice. T'accompagni la pia benedizione Nel soggiorno di pace vagheggiato Dopo compiuta l'alta tua missione; T'accompagni l'amor, l'animo grato, Di tante tue figliole d'adozione, E l'avvenir sia premio al tuo passato.

Gagliano, 5 novembre 1914

Parmi vederti ancor, povero estinto, Quel giorno, ahimè, del tuo fatale andare Nella divisa marzïal succinto Venir la vecchia amica a salutare, La vecchia amica cui apparisti cinto Di gloria e di dolor, mentre piegare Ti vide, quasi pallido giacinto, Lassù…. nell'angoscioso profetare. E fur veraci i rei presentimenti Che ti mostrar come falciato fiore; Tu, modesto e gentil, grande diventi, Trafitto sopra il campo dell'onore; Ma grandi al par di te sono i dolenti Cui la tua gloria ha lacerato il cuore.

20 gennaio 1916

27 aprile 1916

Parmi udir delle squille il pio concento, Sentir di casti fior dolci profumi, Parmi veder la chiesa del convento Parata a festa, scintillar di lumi. Deh! sorgete dai candidi giacigli, Affrettatevi all'ara, miei tesori, Per voi s'appresta col candor dei gigli, Luce e armonia qual dei celesti cori. Apprestatevi all'ara, Ei là vi attende Piccolo fatto, prigionier d'amore; Ei, che il cielo e la terra e il mar comprende, Or compreso sarà nel vostro cuore. Il mistero ineffabile adorate Che vi fa grandi al par dei Serafini, E come questo dì, puro serbate Per sempre il cor, dolcissimi bambini. Carlo Filippo, o tu di nostra gente Fra tre grazie, germoglio sol virile, Porta del padre il nome degnamente, Nome, per fama e nobiltà gentile. E tu delle tre grazie, primo fiore, Che fosti al Battister Maria Cristina, Sii per virtù dell'avola maggiore; Indietreggia nel ben chi non cammina. Che il Ciel vi benedica e a me pensate Nelle vostre orazion sì grate a Dio, E non avvenga mai, deh! che possiate La Nonna e questo dì porre in oblio.

La vostra Nonna

Nell'albo tuo, vedi, mi scrivo anch'io Fra le più dolci amiche quasi intrusa; Ma tu volesti esprimerne il desio, Ond'io son sciolta da sì triste accusa. Laura gentil, potesse il verso mio Del Petrarca eguagliar la forte musa, Non cadrebbe il tuo nome nell'oblio Come non fu per Laura di Valchiusa. Ma se pari alla donna è il tuo valore Per virtù, leggiadria, grazia pudica, Io son ben lungi, ahimè, dal suo cantore! E sol ti posso dir con voce amica, Con voce che vorrei ti andasse al cuore, “Cara fanciulla, Iddio ti benedica!”.

Bagni di Casciana, 22 giugno 1917

19 settembre 1917

Mentre tu infesti il mondo, ria Bellona, Ove corrono a rivi e sangue e pianto, Ecco, per nostra gente un'ora suona Che, per breve, dà tregua al cuore affranto. Son dieci lustri omai che la corona Del fior d'arancio sovra il bianco manto, Giulia, posò su tua gentil persona Mentre a Pietro t'univa il rito santo. E benedetto il giorno e l'ora pia Che a Te, come all'apostolo maggiore, Disse il Signor: «Su questa pietra sia» «La tua casa affidata, ed il tuo onore»; Tu non fallisti, e neppur lei fallia Che in quel giorno ti diè la vita e il cuore.
Non era ancor tua gioventù fiorita Ch'io ti conobbi, martire glorioso, E il triste grido della tua partita Oltre ogni dir mi fece il cor doglioso. Rimembro ancor lo sguardo tuo pensoso, La persona gentil, l'anima ardita, L'alto e fecondo ingegno, il cor pietoso, La coscienza che avesti della vita, La coscienza che avesti della morte, Chè quella a questa offristi nel delirio Dei tuoi ventisei anni, o buono o forte; E proprio là dove t'ardea il pensiero, Sul bruno capo, si compiè il martirio Che alla gloria t'addusse e al Sommo Vero.

Settembre 1917

30 dicembre 1917

Sul casto letto, bella al par d'un fiore, Come se a lei fosse la morte ancella, Noi la vedemmo, e affranti dal dolore Si disse: ahimè! ci è tolta una sorella! Sfidando di natura ogni procella Voló la pia Duchessa a farle onore; La vide, e disse in tremula favella: La fida amica ho perso del mio cuore. Dei Torrigiani la novella gente Dice: ho perduto l'adorata zia; I suoi soldati, il popolo gemente, Perso han conforto, aiuto e cortesia; Solo il consorte, in suo dolor profondo, Dice: con lei tutto ho perduto al mondo!
Composta al piano la gentil persona Oggi t'udii cantar sì dolcemente Che la dolcezza ancor dentro mi suona! Ma nel cor m'è rimasto il voto ardente D'udirti, allor che il giorno n'abbandona, Nella pace dei campi, a una clemente Rustica imago della Vergin, prona Cantare e metter fior devotamente, Come commossa Laura tua narrava Che al pio si volle unire atto gentile Mentre in tua compagnia lieta vagava. O beatissime voi, che senza cura Traete i dì del vostro dolce Aprile A Dio piacenti e ad ogni sua creatura!

Bagni di Casciana, 20 settembre 1919

30 gennaio 1920

Mentre morte sfiorava il tuo bel viso Parve irradiarlo di maggior bellezza; Tu il componesti a celestial sorriso Sussurrando “di un bacio” aver vaghezza. Che vedeva dai sensi ormai diviso La spirto tuo nell'infinita ebbrezza? Forse al tuo bimbo, ancor che in Paradiso, Mancava la materna tua carezza! E lui seguisti alle celesti porte Lui, che innocente al nostro amor ti fura; Ma deh! pensa alla povera piccina Orbata della madre, al tuo consorte Immerso in un dolor senza misura, Per loro implora e per la tua Dadina.
Per nove lustri a me devota ancella, Senza speme or mi lasci in gran desio; Come nave in balia della procella Grave d'anni e di cure è il viver mio. Tu cara a me quasi maggior sorella, Come ape il buono discernei dal rio Per rendermi la vita quieta e bella; Dolce vecchietta, te lo renda Iddio! Te lo renda lassù nel sommo coro Dove sarai dagli angeli portata Fatta giovane e bella al par di loro; Ma la tua bianca testa, venerata, Mi tengo a mente come pio tesoro Per ripensarti ognor quale t'ho amata.

Maggio 1920

Quanto mi gode il cor, dolci bambine, Vedervi a noi venir biancovestite E cingervi le angeliche testine Seriche strisce di fil d'or guernite; Sapervi in quella Fede confermate “Che nell'antico nostro Battistero” Del cristiano vi diè la dignitate Pria che in voi fosse il lampo del pensiero. Or non così! la tenerella spica Di giorno in giorno si fa più matura Sotto il bacio del sol che la nutrica, Come a voi giova la materna cura; E movendo all'altare oggi sapete Qual miracol si compia in voi d'amore; Il settiforme Spirito attendete Che vi faccia campioni del Signore.
Col soprabito lungo, ciondolone, Come non fosse tuo, sul dorso chino, Coi capelli disfatti, in ribellione, Meno ch'uom m'apparisti, e sei un divino. Sul tuo volto d'asceta e di bambino Al sorriso s'alterna la visione, Mentre stretto in amplesso al tuo violino Di questa terra non hai più nozione. Non soffre l'arte tua note o commenti Di profano o di tecnico censore; Di Te non posson dir le umane genti Se non col pianto e i fremiti del cuore; E niuno al paragone ti s'attenti, O dell'arco invincibile signore.

Bagni di Casciana, 4 giugno 1920

O Tu di nostra gente inclito fiore E della tua Firenze, o pio cognato, Che un esempio fecondo n'hai lasciato Di come il giusto vive e come muore, Riposa in pace, e dove sei beato Non ti punga dei figli tuoi il dolore Nè della donna tua sposo adorato; È del duolo la Fede in lor maggiore. Essi, educati alla tua eletta scuola Di profonda dottrina e di cristiano, Sanno il verbo che innalza eche consola, E vedono in beatifica visione La benefica tua paterna mano Alzata in atto di benedizione.

11 maggio 1921

Dolce fanciulla, non mi dir prozia, Nome arcigno che sa di farmacia; Leva il pro per tenermi più vicina, Dimmi semplicemente: zia Cristina! Son vecchia assai, mi occorrono gli occhiali, Ma al cuore, no, non mi han tarpato l'ali, E scerno ad occhio nudo il buono e il rio, Credo all'amore come credo in Dio. L'amore, il vero, il buono non son fole, C'è tanto bello, o bimba, sotto il sole; C'è tanto bello a chi lo sa trovare Pur di sapere amare, amare, amare! E tu sei dotta nelle vie d'amore, Tu che hai trovato l'uomo del tuo cuore. Con lui la vita ti sarà un incanto, Lungo il sorriso, confortato il pianto; Con lui ti sarà lieve ogni fatica, Farete come l'ape e la formica. E se il Ciel vi sarà benigno e pio Forte prole darete al suol natio. Dolce fanciulla, non mi dir prozia, Se mi chiaman pedante è una bugia; Anzi, per non passar da futurista, Ho scritto peggio d'un seminarista.

19 maggio 1921

Il giorno della Cresima Ecco è spuntato alfine, In atto di preghiera Giungete le manine. Già dalle amate Suore Vi attende il pio Prelato, Della fulgente mitra, Vedete, è incoronato. Egli del sacro crisma Vi lascerà le impronte, Col segno della Croce Sull'innocente fronte. E con atto solenne Le consacrate mani V'imporrà sulla testa, O piccoli cristiani, E nella vostra Fede Sarete confermati Per esser del Signore Due piccoli soldati, Soldati che non temono Scherni, minaccie od ire, Che son pronti per Cristo A vivere e morire. Ma devoti e innocenti Vivere è meglio ancora, Per cent'anni ve l'augura La nonna che v'adora.
E tu, piccina mia, Che sei dei miei carissimi L'eletta compagnia, Abbiti auguri e voti In questo giorno santo; La vecchia zia Cristina Lo sai che t'ama tanto Per la dolce memoria D'un angelo involato, Per la pietà profonda D'un angelo restato. Ti sia celeste balsamo Lo Spirito divino, Ti additi in questa valle Di lacrime, il cammino, Per rendere il suo compito Più lieve al Genitore, Onde ti veda crescere Buona siccome un angelo Splendente come un fiore. Versi inspiratl dalla lirica Carducciana pel monumento di Dante a Trento e dal Canto XXIII del Paradiso Dantesco.

Settembre 1921

O tu posto da Dio, vigile a Trento, Chiuso nel marmo, a studio di confini D'Italia nostra, or puoi esser contento Ch'ella giunse ai fatidici destini. Del Clitunno il cantor ti disse: Dante, Ciò che vedesti fu e non è: l'oblio Copra di tua vision le forme sante E solo regni sopra i fati Iddio. Così ti disse l'immortal Carducci Coll'irruente sua vena sovrana Nudrita di magnanimi corrucci; Ma io musa modesta e in pria cristiana «L'anima ad avvisar lo maggior foco» Elevo teco, e m'è dolce ridire Il nome del bel fior ch'io sempre invoco E mane e sera e ognor fino al morire, Mentre oggi, dove fur gli maggior miei, Di corona e di gloria cinta fia La benedetta effige di Colei A cui disse Gabriele: «Ave Maria».
Feci male a promettere E peggio a mantenere! Ma non seppi resistere Alle arti lusinghiere Con cui tu, gentilissima, Un motto, un verso, un detto Mi pregasti di scrivere Nel fido tuo libretto. Ei qui, sul foglio candido, Attende la scintilla… Ma se la fiamma è debole In questa vecchia argilla, Il cor dai dì più fulgidi Credi non è cambiato; Se l'avvenir si ottenebra, A me resta il passato. Ma tu, graziosa e giovane, Non paventar la sfida, Del tuo passato onorati, Nell'avvenir confida.

Firenze, 2 febbraio 1922

Fanciulla mia, son vecchia, e vedo il mondo, Dal mio cantuccio, avvolto in un nebbione… Tu lo vedi giocondo; Chi avrà fra noi ragione? Non occorre filosofo o avvocato La nostra questioncella a definire: Per me il bello è passato, Per te deve venire.

Firenze, 15 marzo 1922

O tu, povera canna in preda ai venti, Imperator per fato e senza impero, Re senza regno ed impari agli eventi, In grande stato e scarso di pensiero, Riposa in pace, ormai più non paventi Sogghigni atroci e l'avvenir gia nero; Or puoi beffarti delle umane genti Accolto in seno all'infinito Vero. Più misera di te la tua consorte Piange quaggiù coi derelitti figli Forse imprecando alla regal sua sorte; Ma Quei che negli eterni suoi consigli Equamente dispensa vita e morte Pietoso asciugherà gli alteri cigli. È biondo e bello e di gentile aspetto L'esotico fedel mio adoratore; Viviamo insiem sotto l'istesso tetto Ove egli è quasi prigionier d'amore. Ei non avverte il mio senile aspetto Ma si appaga dei pregi del mio cuore, Pregi modesti inver, ma dove affetto È l'unico movente e inspiratore. Ei canta dolcemente, e i suoi gorgheggi Secondano nei voli il pensier mio, Come un giorno a Francesco poverino Facean eco gli uccelli, i pesci, i greggi Mentre innalzava le sue preci a Dio. Deh! non ridete, egli è il mio canarino.

Firenze, 5 maggio 1922

3 giugno 1922

La Nonna si vorrebbe inginocchiare Oggi dinanzi a voi, dolci bambine, Oggi che a voi si volle disposare Colui che nell'amar non ha confine. M'appariste, movendo dall'altare, Due forme celestial, quasi divine, Che gli angeli non osan di guardare Velandosi con l'ali il volto e il crine. Oh! beatissime voi, che in verde etade Del vostro cor Gli offriste la primizia! Forse avverrà che in giorno non lontano Adorne di virtù, grazia, beltade, Di spose e madri avrete amor dovizia, Ma Dio nel vostro cor resti sovrano.

S. Martino, 24 luglio 1922

Giuoco reale. Una sera i sovrani, per svagarsi, Giocavan con le dame e coi signori, La regina (chi sa?) dov'è assentarsi… (Morale) La regina di fuori. Musica proibita. Un musicista di virtù preclare In treno si trovò senza quattrini… Con un lampo genial pensó sfruttare… (Morale) La tasca del Puccini. Battaglia incruenta. Una sera a un fascista un popolare S'avventò morsicando come un orso; Quegli pel duolo cominciò a ballare… (Morale) Il ballo del morso. Malattia Serena. Martino è un pezzo ch'è venuto al mondo E soffre assai di gotta, poverino!.. Pur gli è rimasto l'umor suo giocondo…. (Morale) La gotta di Masino. Echi di scuola. Rosina è una bambina permalosa, Non vuole scherzi, ma ne fa a bizzeffe; E piange se la chiaman “Sora Rosa” (Morale) La pena delle beffe. Farmaceutica. Un farmacista emerito ha inventato Un liquore stomatico al caffè, E per fare il saccente l'ha chiamato: (Morale) L'amaro dei tre Re. Storia antica. Cosa hai fatto che sembri una versiera, Grida la mamma dall'attigua stanza Vedendo la sua bimba tutta nera? (Morale) La pece di Costanza. Sesto centenario Dantesco. Era pazzo, per Dante, da legare, Ad altro non pensava il sor Battista, E quando ebbe finito di studiare (Morale) Fu celebre dentista. Gelosia. Orlando, che belloccia ha la consorte Mentre lui non è Apollo, è un po' geloso, E sta spesso a origliar dietro le porte…. (Morale) L'Orlando curioso.

5 giugno 1856 9 marzo 1923

Morte, la nostra corporal sorella, Il corpo ti trovò tutto piagato, Ma l'anima le apparve tanto bella Che senza indugio al ciel t'ebbe scortato. Ma noi, del mondo ancor nella procella, Ti piangiamo di pianto sconsolato, Chè dal libro del cor non si cancella Chi per undici lustri ci ebbe amato. Tu non sapesti della vita, Antonio, Che il solerte lavoro, e il testimonio Della buona coscienza, ed i tuoi amori Furon: Dio, la tua donna, e i tuoi signori. Riposa in pace, la fedel consorte Con noi ti piangerà fino alla morte.

Per le famiglie Cavalli e Raggi.

Tornan le rondinelle a schiera a schiera Tornano i fiorellini a Primavera, Ritorna il sole a ricondurci il giorno, Anche il dì del tuo nome fa ritorno. Come le rondinelle, il sole, i fiori, La gioia fa ritorno ai nostri cuori, E di mille altri cuori a te devoti Ti rechiamo giulive auguri e voti. E tu che porti unito al santo velo Azzurra veste del color del cielo, Come l'anima tua candida e buona, Sorridi a noi che ti facciam corona, E accogli, in pegno di filiale amore, Un dono che sia grato al tuo bel cuore. Vedi, o Madre, non oro, non gioielli, Solo indumenti per i poverelli.

Firenze, 29 aprile 1923

Primavera 1923

Lasciate a me venire i pargoletti, Dicea Gesù nella mortal Sua vita, E quelli al seno si teneva stretti In un amplesso di bontà infinita. Ed oggi a voi rivolto, o miei diletti, Come ai bimbi evangelici, v'invita Ad accoglier nei vostri casti petti La Sua divinità rimpicciolita, Rimpicciolita per sublime amore Ed al senso mortal quasi velata Per esser più vicino al vostro cuore. Oh beatissimi voi, cari piccini, Che all'amplesso dell'Ostia immacolata Sarete grandi al par dei Serafini.
Schierato in bella mostra è il reggimento D'un paesetto montano sul piazzale; Tutto è silenzio, e neppur oso è il vento Di turbar quella pace trionfale. Sol dalle ultime file in dolci note Comincia lento lento un suon di banda Mentre muove all'altare il sacerdote A consacrar la mistica vivanda. Temperato dai faggi il solleone Vibra strali dal ciel che s'inzaffira, L'ora solenne e la dolce stagione Vanno dicendo all'anima: sospira! Uno squillo di tromba dà il segnale Che al suo fastigio è giunto il sacro rito; Sugli attenti, dal fante al generale, Il reggimento tutto è irrigidito. Ma se appar la persona irrigidita Freme nel petto il cor gentile e forte E quella gioventù balda di vita Si è già votata intrepida alla morte. Compiuto il sacro rito il ministrante Depone gl'indumenti bianco-aurati, E da levita ritornato fante Si mischia, come suol, tra i suoi soldati. Tutti l'amano, e pronto il generale Gli muove incontro e il bacia sulla fronte; Un alalá prorompe universale Per l'umile pretino, eroe del fronte. Ei giunse al campo dalla sua parrocchia Munito di un minuscolo involtino Come fosse miseria sua sirocchia E fratello Francesco poverino. Un giovane tenente di umor gaio Gli fe' dimanda: «È questo il suo corredo? Ed ei mostrando sol di calze un paio: «Certo» rispose, «e niente più richiedo.» «M'hanno detto che appena giunto al fronte Una palla o una scheggia di granata M'avrebbe colto in mezzo della fronte Ed io la roba inutile ho lasciata» Sorrise, ciò dicendo, ingenuamente L'umile eroe, ministro del Signore; Tacque e non rise il giovane tenente, Ma quei detti serbò sempre nel cuore.

S. Martino, 21 settembre 1923

M'han detto che sei morta e non è vero, Perche morte è gastigo, è strazio, è orrore; Mentre una dolce pace, un pio mistero Spirava dal tuo letto di dolore. Tu vivi nel mio cor, nel mio pensiero, Perchè amicizia, come amor, non muore, Tu vivi in seno all'infinito Vero Coi beati lassù che han puro il cuore. O Tu, viva in eterno, implora pace Sulla casa deserta e derelitta Ove per sempre il tuo sorriso tace; Soccorri dei fratelli al lungo pianto, Alla sorella dal dolor trafitta, Nè ti scordar di me che t'amai tanto.

La tua Cristina

Firenze, 15 gennaio 1924

Morte spietata, ahimè, tu m'hai involato Dell'intera mia vita il solo amore, L'ideal nei miei sogni vagheggiato Mentre del dolce Aprile ero nel fiore. Amor che non perdona a nullo amato Avea dei nostri cor fatto un sol cuore, E l'anello all'altare consacrato L'avea fatto mio sposo e mio Signore. Ma che dico!… involato? Ah! no, gran Dio, A questo grido di dolor perdona; S'ei per breve mi lascia, è sempre mio, E forse in Ciel con Te di me ragiona Ed affretta con tenero desio Ch'io divida con lui la sua corona.

Cristina

21 aprile 1924

Laggiù la Duse muor… la Duse è morta!.. Come inattesa folgore, il ferale Grido senza pietà, vola alla porta Del nostro cuore, e gli fa tanto male!…. Dal puro sangue italico ella è sorta, Di genio e di passion forma ideale; Ripeter non osate ch'ella è morta, La Duse non può esser che immortale. E Tu che tanto dell'uman dolore Amor, sdegno, pietà, tutto sapesti Sulla scena incarnar, va' dal mio Amore, Dal mio Amor, come Te, testè perduto, E lassù tra gli spiriti celesti Della sua donna recagli il saluto.

Firenze, 22 aprile 1924

Amò, non fu riamata, In un dolor si chiuse senza pianto, E al cader delle foglie fu portata Dal prete del villaggio al camposanto. Lamberto è stato sposo Della sua amica, povera Maria! Ma lo vedon sovente errar pensoso Laggiù del cimitero in sulla via. Alla sposa felice Forse nel cuore una temenza è sorta, Ma non senza amarezza egli le dice: «Perchè esser gelosa d'una morta?»

Firenze, 29 aprile 1924

24 maggio 1925

Sotto candido vel, candido fiore, Verecondi gli sguardi, il cor, gli accenti, Parmi vederti all'ara del Signore Dagli angeli scortata, reverenti. Parmi sentir dell' innocente cuore, Cara fanciulla, i palpiti frequenti E in comunione col Divino Amore Pregustar gl'infiniti abbracciamenti. Oggi che a te dal ciel nulla si nega Ti risovvenga del materno affetto; Se morte vi disgiunse, amor vi lega. La dolce pace sul paterno tetto E sui tuoi cari invoca, e per me prega Se di te meritai col grande affetto.

La zia Cristina

Dedica Pag. 3

Saluto infantile alla bandiera italiana declamato da un minuscolo patriotta ad una recita di beneficenza durante la Guerra Libica Pag. 5

In morte del Marchese Alfonso Malaspina, mio amato fratello, avvenuta l' 11 aprile 1911 Pag. 6

Ad Azzolino Malaspina, mio unico fratello, dopo altri tre perduti, nell'anniversario di una gravissima operazione Pag. 7

Guardando la fotografia del mio sposo adorato che tiene fra le braccia il nostro figlioletto Vanni di mesi sei Pag. 8

A Migliore e Nannina Torrigiani nel giorno del loro matrimonio Pag. 9

Per le nozze di Fulco Torrigiani di Scilla, mio nipote, con la signorina Evelina Engelfred Pag. 10

In morte di Zar, cane di Alessandro mio figlio, avvenuta per avvelenamento il 9 marzo 1912 Pag. 12

A mia cognata Caterina Malaspina per ringraziarla di una bambolina vestita da lei Pag. 13

In morte del mio fratello Azzolino Malaspina avvenuta il 7 luglio 1912 Pag. 14

Ai miei nipoti Carlo Torrigiani di Scilla e Andreina Salina Amorini per le loro nozze Pag. 15

Alla signora Elisa Pietrabissa che mi aveva inviato l'immagine e il ricordo funebre di Monsignore Pio Alberto Del Corona Pag. 16

In morte del Comm. Luigi Vaj Pag. 17

Per le nozze di Maria Luisa dei M. si Cavalli col M. se Gianni Raggi capitano d'artiglieria, che tornava dalla guerra di Libia dopo un anno di assenza Pag. 18

Il vezzo di corallo Pag. 19

Dialogo fra due fratellini dell'Asilo (Composta per l'Asilo stesso) Pag. 23

Ai miei nipotini Carlo Filippo e Maria Cristina Torrigiani Malaspina nel giorno della Cresima 30 aprile 1913 nella Chiesa delle Suore Riparatrici Pag. 26

In morte di Giovanni Chiari spirato nel giardino Torrigiani, da lui curato per oltre un cinquantennio Pag. 27

In morte di Leopoldo Bini rapito all'affetto della famiglia propria e della famiglia Torrigiani, della quale fu Ragioniere per LX anni Pag. 28

La vigilia di Natale Pag. 29

Saluto di due sorelline ai loro Genitori di ritorno dall'Eritrea Pag. 32

In memoria del M. se Carlo Cavalli morto improvvisamente il 30 maggio 1908 al Viale dei Colli (Alla mia Dadina) Pag. 33

A nome del mio sposo che con un colpo di testa aveva rovesciato la lampada con l'olio ascoltando la Messa nella cappella di Monsignor Filippo Ferrucci Pag. 34

A S. E. Antonio Salandra Presidente del Consiglio dei Ministri Pag. 35

Sonetto da essere scritto come dedica alla signora Elisa Pietrabissa Direttrice del R. Istituto della SS. Annunziata (che va a riposo) in un Album firmato da antiche e recenti alunne Pag. 38

Alla cara memoria di Gino Ricciarelli sottotenente di fanteria caduto sul campo di battaglia il 29 decembre 1915 Pag. 39

Ai miei nipotini Carlo Filippo e Maria Cristina Torrigiani Malaspina nel giorno della prima Comunione nella Cappella delle Riparatrici Pag. 40

Per l'albo della signorina Laura dei Conti Rosselmini Ricciardi Pag. 42

Ai miei cognati Pietro e Giulia Torrigiani in occasione delle loro nozze d'oro Pag. 43

Alla cara memoria dell'lng. Victor Hugo Roccatelli, tenente d'artiglieria, perito il 18 marzo 1917 sul S. Michele in seguito a meningite cerebro-spinale Pag. 44

In memoria di mia cognata Anna Torrigiani rapita al nostro affetto per malattia infettiva contratta nel disimpegnare la pia missione d'infermiera volontaria della Croce Rossa Pag. 45

Per l'albo della signorina Berenice dei Conti Rosselmini Ricciardi Pag. 46

In morte di Maria Luisa dei M. si Raggi nata dei M. si Cavalli Pag. 47

In memoria di Sestilia Orzalesi spirata la mattina del 19 dicembre 1919 nella età di anni 74 Pag. 48

Ricordo della Cresima di Vittoria e Gabriella Torrigiani Malaspina Pag. 49

A Giovanni Concz celebre violinista, da me sentito recentemente in molti concerti 50

In memoria di Pietro Torrigiani, mio cognato, spirato santamente e serenamente a Quinto il 15 giugno 1920 51

A Maria Luisa Amerighi, mia bisnipote, nel giorno del suo matrimonio con Giuseppe Cini Pag. 52

Ricordo della Cresima di Valeria e Marcello Torrigiani Pag. 53

A Maria Battistina Raggi nel giorno della Cresima ricevuta con Valeria e Marcello Torrigiani il 19 maggio 1921 Pag. 55

Alla Vergine Annunziata dall'Angelo e al suo fedel devoto Dante Alighieri in occasione dell'incoronazione della Vergine a Fosdinovo e delle feste Dantesche Pag. 56

Per l'albo della signorina Maddalena Poccianti Pag. 57

Per l'albo della signorina Adele dei Conti di Colloredo Mels Pag. 58

In morte dell'ex - Imperatore Carlo d'Absburgo avvenuta il 1 aprile 1922 nell'isola di Madera Pag. 59

Chi è Pag. 60

A Vittoria e Gabriella Torrigiani Malaspina nel giorno della Prima Comunione Pag. 61

Favolette morali giocose quasi improvvisate per cacciare il cattivo umore Pag. 62

In memoria di Antonio Maioli Pag. 65

Alla Superiora delle Religiose di Maria Riparatrice per offrirle indumenti per i poveri nel giorno del suo onomastico (Versi recitati dalla piccola Maria Battistina Raggi) Pag. 66

Ricordo della Prima Comunione di Valeria e Marcello Torrigiani Pag. 67

Un paio di calze (Bozzetto militare) Pag. 68

A Maria Vaj Pag. 70

In memoria del mio adorato sposo spirato il 17 febbraio 1924 Pag. 71

In morte di Eleonora Duse Pag. 72

Storia breve Pag. 73

Ricordo della Prima Comunione di Maria Battistina Raggi Pag. 74



TIPOGRAFIA
Martelli & Romanelli
FIRENZE